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mattak - depersonalizzazione lyrics

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[intro]
“la depersonalizzazione implica un appannamento del senso del sé
la derealizzazione un appannamento del senso della realtà
i due fenomeni possono essere anche prodotti artificialmente
mediante -ssunzione di droghe come la canapa”

“dimmi… in quale preciso momento un individuo
smette di essere quello che crede di essere?”

[verse 1: mattak]
fu il giorno di quel ceppo infetto
ne subii l’effetto interno
quel giorno perfetto si è ristretto ad un inferno
dispetto di quel perno
che mi lasciò l’impronta nella psiche
come fosse stato con un caldo ferro
l’ansia dominava nel mio viaggio sotterraneo
e tra un miraggio e l’altro mi sentivo estraneo
tremori, percezioni alterate emozioni bruciate
se iniziate calibrate le porzioni fumate
era una sauna, visione distorta avevo la nausea
disturbi psichici, la causa un insidioso trauma
presi una pausa invano di quasi un anno
ma il danno era fatto, il grammo d’un tratto salì
mi sentii fatto da sano
il tatto era strano, l’astratto era in mano
come se scappo dalla realtà che strappo via piano
distacco di scatto senza riscatto di grano
mentre mi sbatto a capire qua do di matto se bramo
la personalità si appanna
depersonalizzazione segue derealizzazione, colpa di una canna
non contro chi banna questo, ma ero arianna nell’innesto
e prima che ci rimanga vado a nanna presto, mamma esco
cedono le gambe, l’angoscia mi scroscia in coscia
la mia testa inconscia pensa starò meglio in doccia
ma ad ogni goccia la coscienza si sbiadisce
perdo essenza, ho inteso che ora a darmi peso sono solo le mie viscere
non vedo sbocchi, io non ho più occhi per i quadri fogli
i miei sfoghi sono scarabocchi sopra quadri e fogli
non sentirsi il cranio, mente staccata dal corpo
guardarsi la mano e vederla lontano dal volto
ma non è pazzia, la diagnosticazione
e’ apatia e cristallizzata dissociazione
domande su se stessi, esistenza confusa
la mente fusa che dilata i suoi pensieri agli universi
mi scordo il ruolo di persona per una cattiva stona
che risuona rintrona
rendendomi in uno stato di coma vivendo da automa
l’effetto è di sottofondo
e mi ha accompagna a letto come quando si fa giorno
se guardo il vuoto me lo sento dentro il corpo
come il moto che aumento se dentro corro più distorto
più penso, più cade la coscienza in vetro
a conoscenza del dialogo col mio alter ego, monologo tetro
vivo dietro a un vetro che distacca
vorrei partec-p-re alla mia vita ma se mi avvicino scappa
da questo lato vita non magnanima
se cammino trascinando il corpo appeso alla mia anima
ho un identità che oscilla come pendoli
p-sso la vita guardandomi allo specchio e non riconoscendomi
un arma contro l’ansia che adopera la mente e
sciopera, spesso opera perso nel niente
la mia testa è un alveare
lontano un metro siedo, attraverso un vetro vedo e retrocedo dal reale
come un ginepro d’arredo in zona balneare
prego e sto segreto tetro credo si voglia alleare
vorrei dal margine sfociare, piangere ed amare
ma in sto carcere mentale non è facile il sociale
il male è da -ssociare a mancanze di dame:
non ho nessuna con cui stare perché non so conquistare
vuoto interiore, dopo ore, nuoto nella percezione
una foto esteriore, è ignoto ogni emozione
non ho salute in mente, alle sedute ne si discute sempre
ma non si conclude niente
mentre spesso perso trovo le difficoltà
quando stento ad essere connesso verso la realtà
scrivo il testo con l’acidità
vivo questo e sento l’estro il mio maestro in me stesso solo
se immerso nel rap



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